L’olio di palma si ricava dai frutti dell’omonima pianta (Elaeis guineensis), originaria dell’Africa ed oggi coltivata nelle zone tropicali del continente americano e soprattutto in Malesia ed Indonesia. 
Dai frutti di questa pianta si ricavano due diverse tipologie di olio: l’olio di palma propriamente detto, ottenuto dalla polpa, e l’olio di palmisto, ottenuto dai semi.

L’olio di palma è quello che viene più largamente utilizzato: esso è estratto dalla polpa dei frutti, per semplice spremitura o per centrifugazione.
Il risultato è un olio grezzo di colore rosso, ricchissimo in carotenoidi (precursori della vitamina A), un toccasana per la salute. Tale prodotto non lo si trova con facilità sul mercato ma solo in qualche negozio specializzato e a carissimo prezzo.

L’olio che invece troviamo in tutti o quasi i prodotti da forno del supermercato, è un olio sottoposto ad un processo industriale chiamato raffinazione. Tale processo include la deodorazione, la decolorazione e la neutralizzazione che eliminano tutti i carotenoidi salutari presenti nel prodotto grezzo.
Il prodotto ottenuto è un olio incolore, inodore e stabile nel tempo costituito per circa la metà da acidi grassi saturi per il 40% da acidi grassi monoinsaturi e dal 10% da polinsaturi.

Perchè l’olio di palma viene così largamente utilizzato?
Perchè ha aspetti tecnologici importanti.
La sua composizione in acidi grassi lo rende un grasso molto simile ad uno animale pur essendo vegetale e molto apprezzato dall’industria alimentare. 

Ad esempio a temperature < 60°C è presente allo stato solido; questa caratteristica ne fa un’alternativa della margarina o del burro per dare al prodotto dolciario quella consistenza che lo rende appetibile.
Inoltre è un olio stabile alla temperatura e alla luce; non produce radicali liberi.
Un aspetto positivo è il suo altissimo punto di fumo, che lo rende un olio ideale per le frittureE poi il costo.
L’olio di palma costa pochissimo ca. 900€ per tonnellata contro un costo 4 volte maggiore del burro e due volte maggiore dell’olio di girasole ad esempio.

La questione salutistica.
Sulla sua salubrità ci sono molte versioni discordanti ed anche la letteratura scientifica non ha ancora le idee chiare.
Ci sono evidenze che il consumo abituale di olio di palma faccia aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi. Non solo, il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono (HDL) aumenta, per cui alla fine si assiste a maggiori livelli di colesterolo cattivo

Un’altra informazione interessante riguarda l’India, dove il consumo di olio di palma e di alimenti che lo contengono ha raggiunto alti livelli. Il governo sta valutando di mettere una tassa per disincentivarne l’impiego visto l’impatto che avrebbe sui livelli di colesterolo, sulla mortalità per malattia coronarica e per malattia cerebrovascolari.

Un altro studio particolarmente accreditato riguarda quello condotto da Brian K Chen che ha esaminato gli effetti negativi sulla salute riferiti al periodo compreso tra il 1980 ed il 1997 in 23 paesi diversi. L’autore sostiene che aumentando la quantità di olio di palma consumato, aumentano anche il tasso di decessi per patologie cardiovascolari. Inoltre i dati di Chen sembrano dimostrare che gli effetti negativi del palma persistano indipendentemente dalla presenza nella dieta di altre tipologie di grassi.

Esistono poi studi sui ratti, condotti proprio da ricercatori malesi ed indonesiani che mostrano come il consumo ripetuto di olio di palma sottoposto a trattamento termico determina un aumento della pressione arteriosa negli animali.

Uno studio recentissimo ha poi dimostrato che il palmitato è in grado di indurre l’espressione di un gene responsabile dell’apoptosi (morte cellulare) in cellule β del pancreas.

Ad ogni modo la questione è intricata e mossa da forti interessi economici soprattutto da parte dei grandi produttori di olio di girasole ad alto oleico che si sono visti sottrarre grosse fette di mercato dall’olio di palma, appunto.

 

L’Istituto Superiore di Sanità  conclude che “non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro. Il minor effetto di altri grassi vegetali, come ad esempio l’olio di girasole, nel modificare l’assetto lipidico plasmatico è dovuto al minor apporto di acidi grassi saturi e al contemporaneo maggior apporto di polinsaturi….
…per tale ragione, nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), occorre ribadire la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi.”

Il problema però è appunto quello di come fare a seguire un regime dietetico equilibrato considerando che l’olio di palma è pressoché presente nella stragrande maggioranza dei prodotti da forno del supermercato.
In effetti, l’aspetto è invitante

 

Considerazioni finali
Probabilmente questo olio non è (forse) peggio di altri grassi sul mercato, come la margarina ad esempio.
Sento molto spesso chi tratta questo argomento tentare di difenderlo avallando questo estremo ma forviante tentativo di difesa.
Il punto non è quale grasso sia meglio o peggio per la salute in termini assoluti, quanto piuttosto relazionati alla quantità che ne assumiamo. E di olio di palma ne mangiamo troppo, una quantità esagerata.
L’OMS ci dice che un 10% delle calorie della nostra dieta possono derivare da grassi saturi.
L’Italia nel 2014 ha consumato 1,7 miliardi di kili di olio di palma. Una quantità enorme che già da sola basterebbe a superare questa soglia.

In sintesi credo che da un punto di vista esclusivamente salutistico è che forse l’olio di palma può anche essere meno peggio dei suoi eventuali sostituti MA ne stiamo assumendo troppo perchè presente un pò ovunque e a queste dosi è assolutamente dannoso.

 

Le aziende multinazionali fanno e faranno sempre il loro interesse ma è anche vero che rispondono ad una domanda del consumatore, ad una nostra esigenza. Non basta firmare una petizione o essere semplicemente indignati. Occorre invece imparare a far la spesa, riscoprendo una cultura del genuino e del gusto che ci ha contraddistinto fino a qualche decina di anni fa, lasciando quindi fuori dal nostro carrello certi alimenti.

Infine un video di sensibilizzazione svolto dai ragazzi di un Liceo di Verona per dire NO ALL’OLIO DI PALMA.

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Matteo Gentilini
Biologo nutrizionista

Fonti:

  • Palm oil and blood lipid–related markers of cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis of dietary intervention trials1–3
  • http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24149818
  • Multi-Country Analysis of Palm Oil Consumption and Cardiovascular Disease Mortality for Countries at Different Stages of Economic Development: 1980-1997
  •  Intake of repeatedly heated palmo il causes elevation in blood pressure with impaired vasorelaxation in rats.
  • http://ilquieora.blogspot.it/2015/03/allarme-olio-di-palma-rischi-per-la-salute-si-trova-in-molti-prodotti-ecco-quali.html
  • The p66Shc redox adaptor protein is induced by saturated fatty acids and mediates lipotoxicity-induced apoptosis in pancreatic beta cells
  • http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2481

 

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