bliss pointSicuramente a tutti noi sarà capitato di raggiungere il bliss point con il nostro patner, ma anche con altra gente, amici, conoscenti ed addirittura estranei.
Senza finire per toccare argomenti del tutto equivoci (che non era assolutamente mia intenzione evocare…), diciamo subito che parliamo di piacere si, ma di quello legato agli alimenti.

Il “bliss point“, dall’americano “punto di beatitudine” è il punto di massimo piacere indotto da un alimento.
Questo le multinazionali del cibo spazzatura lo sanno benissimo e incentrano le loro strategie proprio su questo. Grassi, sale, zucchero sono il mantra utilizzato dalle industrie del “junk food” non solo per accalappiare il consumatore, ma per renderlo potenzialmente compulsivo.

Si tratta di un’attenta ricerca, di un preciso lavoro di laboratorio atto a stabilire la miscela di ingredienti che precisamente dosati producono la massima risposta di piacere nel consumatore. Tale punto di equilibrio (bliss point), è in grado di generare un’esperienza sensoriale unica, difficile da controllare ma destinata ad esaurirsi rapidamente e che quindi spinge il soggetto alla sua spasmodica ricerca.

junk foodDal punto di vista fisiologico ciò che accade è una massiccia produzione di neurotrasmettitori ed in particolare di dopamina, responsabile proprio della sensazione di piacere. La fregatura sta nel fatto che tale molecola non ha la capacità di venir accumulata, ma viene degradata in pochi minuti. Saremo per tanto spinti alla ricerca della situazione che ha generato tale sensazione di estremo piacere, quindi a mangiare altro cibo spazzatura, ma subentrando quello che è il fenomeno dell’ assuefazione per avere la stessa quantità di piacere dovremo mangiare quell’alimento in quantità maggiori e/o più frequentemente.
Ed è qui che nasce la dipendenza. 

L’aggiunta di sale e zucchero in ogni preparazione (sia dolce che salata) così come la loro polverizzazione per avere una più efficace risposta dai recettori del gusto, l’uso di grassi qualitativamente scadenti ma necessari al raggiungimento della giusta croccantezza, uniti ad una pubblicità martellante e spesso ingannevole induce il consumatore a non poter rinunciare a questi cibi consolatori.

Non si può, pertanto, solo colpevolizzare il singolo individuo che si trova solo e spaesato, circondato da alimenti trappola, fin quando non saranno presenti regolamenti chiari atti a contrastare questo meccanismo.

 Il tentativo da parte nostra deve essere quello di riscoprire i gusti semplici di una volta e stare lontani da quegli alimenti che hanno lunghe liste di ingredienti indecifrabili ed incomprensibili.

Ricordiamoci che non esistono alimenti dal gusto buono o cattivo ma lo diventano sulla base delle nostre esperienze sensoriali.

Del resto non ci sono alternative, ne va della nostra salute.

Fonti:
– dal libro “star bene davvero” del dott. Filippo Ongaro

Matteo Gentilini
Biologo nutrizionista

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